Micco Spadaro, Piazza Mercatello a Napoli durante la peste del 1656, Museo Nazionale di San Martino, Napoli.
Proponiamo alcuni testi da opere che hanno trattato il tema del contagio e della peste in varie epoche: Sono opere diverse, storiche, poetiche, e letterarie, che ci permettono di dare uno sguardo al passato per coglierne differenze e similitudini con l’oggi.
Pericle tiene il discorso per i caduti nel primo anno della guerra del Peloponneso, dipinto di Philipp von Foltz (1877).
La Guerra del Peloponneso dello storico greco Tucidide (460 a.C. ca-dopo il 404 a.C.) si propone di narrare la guerra combattuta tra Atene e Sparta fra il 431 e il 404 a.C. Lo storico dedica una sezione importante dell’opera all’irrompere della peste nera ad Atene nell’estate del secondo anno di guerra (430 a.C.).
Il diffondersi dell’epidemia è favorito dalle particolari condizioni del momento. Tutta la popolazione dalle campagne si trova ammassata in città o lungo le mura, perché Pericle ha stabilito che non è opportuno combattere con i nemici spartani in pianura. L’enorme quantità di persone, e le precarie condizioni igieniche, favoriscono il diffondersi rapido del contagio, che mina, insieme al corpo, anche le risorse morali e spirituali degli Ateniesi.
Tucidide si sforza di descrivere la peste con l’analitica oggettività dello storico, analizzandone le cause, i sintomi, gli effetti, quasi come un medico in laboratorio. Il poeta latino Lucrezio, come si vedrà, attinge largamente a questa descrizione.
Michiel Sweerts, La peste in una città antica (Atene), 1652-54, Los Angeles County Museum of Art.
A distanza di qualche secolo, il ricordo della peste nera che si abbatté su Atene nel 430 a.C. rimane vivo, e viene ripreso, nel I secolo a.C., dal poeta latino Lucrezio. La sua opera Sulla natura delle cose, dedicata ai fenomeni naturali, si conclude con la trattazione dell’origine e della diffusione delle malattie. Ed è qui che il poeta prende spunto dal modello greco, l’episodio descritto da Tucidide.
La prima parte della descrizione, che qui riportiamo, tratta dell’origine del male e ne elenca i sintomi, descritti in maniera molto particolareggiata. In tutta l’opera Lucrezio vuole dimostrare che l’essere umano è impotente davanti alla forza distruttrice della natura, di cui la peste è un esempio. L’uomo non può fare altro che usare la sua unica arma, la ragione, non per distruggere ma per capire e riuscire a combattere il male.
La tragicità prende il sopravvento in scene macabre. Il poeta attraverso una descrizione particolareggiata dei sintomi fisici della peste e dei suoi effetti nefasti a livello morale, vede nell’epidemia un totale crollo dell’umanità.
La peste a Firenze nel manoscritto Fr. 239 del Decameron, Bibliothèque Nationale, Parigi.
Nel XIV secolo arriva in Europa la famosa peste nera, una pandemia che a partire dal 1346 investe anche l’Italia. Testimone diretto del propagarsi del morbo a Firenze è Giovanni Boccaccio (1313-1375). Nel suo Decameron, una raccolta di racconti, fornisce un resoconto dettagliato, quasi una cronaca, di una catastrofe di immani proporzioni. Il suo racconto è ricco di dettagli realistici e di notazioni psicologiche.
Il brano che vi proponiamo è tratto dall’introduzione del Decameron.
Scene dalla peste di Londra, XVII secolo.
Nel 1722 Daniel Defoe, romanziere autore di Robinson Crusoe e Moll Flanders, polemista, agente segreto, pubblica A journal of the plague year, il diario dell’anno della peste che ha colpito Londra e parte dell’Inghilterra tra la fine del 1664 e l’inizio del 1666, concentrando la sua furia nel 1665 e provocando non meno di 100 mila morti nella sola capitale (400 mila abitanti), senza contare i borghi periferici.
Nell’allegato, l’incipit del Diario e una breve descrizione delle modalità del contagio.
La tortura durante la peste di Milano, stampa anonima dell’epoca.
Passano tre secoli ed ecco che un’altra epidemia di peste colpisce l’Italia, in particolare il Ducato di Milano. L’epidemia è nota anche come peste manzoniana perché viene ampiamente descritta da Alessandro Manzoni (1785-1873) nel suo romanzo I Promessi Sposi (1847).
Siamo sul finire del romanzo, quando ormai Lucia è stata liberata dall’lnnominato. Renzo, avendo saputo che Lucia è ospite di Don Ferrante a Milano, entrato in città va in cerca della sua abitazione. Attraversando le strade e le piazze vede e vive le conseguenze della terribile epidemia: per ogni dove squallore, sofferenza e morte.
Dino Buzzati.
In questo racconto di Dino Buzzati, Una cosa che comincia per elle, del 1939, protagonista non è la peste, bensì la lebbra, un’altra terribile malattia infettiva e cronica, per la quale solo in epoca moderna sono state trovate delle cure.
La lebbra, come la peste, e in tempi più vicini a noi l’AIDS: sono tutte malattie pericolose, una volta addirittura mortali. Il tema del racconto è proprio la paura della malattia, e della morte, tratteggiata da Buzzati con un’attenta progressione drammatica.
Il mercante Cristoforo Schroeder, arrivato nel paese di Sisto, ha incominciato a non sentirsi bene, e ha chiamato il medico, sperando di trovare in lui un aiuto. Il medico, dopo aver fatto l’esame delle orine di Schroder, torna alla locanda in cui alloggia il mercante il giorno dopo, accompagnato da un conoscente, don Valerio Melito. Quest’ultimo afferma con insistenza di avere già incontrato lo Scroder qualche tempo prima.
Albert Camus.
La peste è il grande simbolo che lo scrittore francese Albert Camus (1913-1960) ha elaborato alla fine della Seconda guerra mondiale nel romanzo omonimo (1947). Giornalista francese di origine algerina, Camus aveva già descritto a più riprese le miserie della realtà d’Algeria. Trasferitosi in Francia nel 1940, ha partecipato alla resistenza antinazista.
La peste vuole illustrare l’atrocità della violenza del totalitarismo. Lo scrittore immagina che Orano, una località della costa algerina, sia invasa dalla peste. Le vittime aumentano di giorno in giorno e la città viene isolata dal resto del mondo. Oltre alla parabola dell’epidemia, vengono descritti il comportamento degli abitanti e la lotta organizzata da alcuni di essi contro il flagello.
Gabriel García Márquez.
Un’altra peste immaginaria è raccontata nel romanzo “Cent’anni di solitudine”, scritto nel 1967 dallo scrittore colombiano Gabriel García Márquez. Militante democratico contro le dittature latino-americane (in particolare contro quella cilena del generale Pinochet), García Márquez racconta, in “Cent’anni di solitudine”, la storia di un paese immaginario, Macondo, attraverso la vicenda secolare di una famiglia, i Buendía, creatori e distruttori della loro città. Qui di seguito c’è la narrazione relativa alla “peste dell’insonnia”, che uccide la memoria e genera il caos in qualsiasi forma di comunicazione umana.
Attività
Interessante lettura intertestuale che coinvolge in quella rete di rimandi che lega le opere letterarie e ci spinge a porci interrogativi o semplicemente a tentare di capire perché alcuni temi ritornano, sia pur con connotazioni diverse, in epoche diverse. Chiara l’impostazione e precise le citazioni.
I materiali, ben strutturati e organizzati con competenza, mi sono stati utili per un discussione afferente ad un’UDA di educazione civica in una III di liceo delle scienze umane. Grazie.