Il contagio fra storia e letteratura: l’interpretazione della peste nei testi degli scrittori

  • Postato da: Maria Teresa Zambianchi
Il contagio fra storia e letteratura: l'interpretazione della peste nei testi degli scrittori | Principato Scuola

Il racconto del contagio nelle parole di Tucidide, Lucrezio, Boccaccio, Manzoni, Defoe, Camus, García Márquez. Testi da leggere e commentare, con proposte di attività, ideali per la didattica a distanza.

Micco Spadaro, Piazza Mercatello a Napoli durante la peste del 1656, Museo Nazionale di San Martino, Napoli.

Proponiamo alcuni testi da opere che hanno trattato il tema del contagio e della peste in varie epoche: Sono opere diverse, storiche, poetiche, e letterarie, che ci permettono di dare uno sguardo al passato per coglierne differenze e similitudini con l’oggi.

1. Tucidide, La Guerra del Peloponneso

Pericle tiene il discorso per i caduti nel primo anno della guerra del Peloponneso, dipinto di Philipp von Foltz (1877).

La Guerra del Peloponneso dello storico greco Tucidide (460 a.C. ca-dopo il 404 a.C.) si propone di narrare la guerra combattuta tra Atene e Sparta fra il 431 e il 404 a.C. Lo storico dedica una sezione importante dell’opera all’irrompere della peste nera ad Atene nell’estate del secondo anno di guerra (430 a.C.).

Il diffondersi dell’epidemia è favorito dalle particolari condizioni del momento. Tutta la popolazione dalle campagne si trova ammassata in città o lungo le mura, perché Pericle ha stabilito che non è opportuno combattere con i nemici spartani in pianura. L’enorme quantità di persone, e le precarie condizioni igieniche, favoriscono il diffondersi rapido del contagio, che mina, insieme al corpo, anche le risorse morali e spirituali degli Ateniesi.

Tucidide si sforza di descrivere la peste con l’analitica oggettività dello storico, analizzandone le cause, i sintomi, gli effetti, quasi come un medico in laboratorio. Il poeta latino Lucrezio, come si vedrà, attinge largamente a questa descrizione.

2. Lucrezio, Sulla natura delle cose

Michiel Sweerts, La peste in una città antica (Atene), 1652-54, Los Angeles County Museum of Art.

A distanza di qualche secolo, il ricordo della peste nera che si abbatté su Atene nel 430 a.C. rimane vivo, e viene ripreso, nel I secolo a.C., dal poeta latino Lucrezio. La sua opera Sulla natura delle cose, dedicata ai fenomeni naturali, si conclude con la trattazione dell’origine e della diffusione delle malattie. Ed è qui che il poeta prende spunto dal modello greco, l’episodio descritto da Tucidide.

La prima parte della descrizione, che qui riportiamo, tratta dell’origine del male e ne elenca i sintomi, descritti in maniera molto particolareggiata. In tutta l’opera Lucrezio vuole dimostrare che l’essere umano è impotente davanti alla forza distruttrice della natura, di cui la peste è un esempio. L’uomo non può fare altro che usare la sua unica arma, la ragione, non per distruggere ma per capire e riuscire a combattere il male.

La tragicità prende il sopravvento in scene macabre. Il poeta attraverso una descrizione particolareggiata dei sintomi fisici della peste e dei suoi effetti nefasti a livello morale, vede nell’epidemia un totale crollo dell’umanità.

3. Giovanni Boccaccio, Decameron

La peste a Firenze nel manoscritto Fr. 239 del Decameron, Bibliothèque Nationale, Parigi.

Nel XIV secolo arriva in Europa la famosa peste nera, una pandemia che a partire dal 1346 investe anche l’Italia. Testimone diretto del propagarsi del morbo a Firenze è Giovanni Boccaccio (1313-1375). Nel suo Decameron, una raccolta di racconti, fornisce un resoconto dettagliato, quasi una cronaca, di una catastrofe di immani proporzioni. Il suo racconto è ricco di dettagli realistici e di notazioni psicologiche.

Il brano che vi proponiamo è tratto dall’introduzione del Decameron.

4. Daniel Defoe, Diario dell’anno della peste

Scene dalla peste di Londra, XVII secolo.

Nel 1722 Daniel Defoe, romanziere autore di Robinson Crusoe e Moll Flanders, polemista, agente segreto, pubblica A journal of the plague year, il diario dell’anno della peste che ha colpito Londra e parte dell’Inghilterra tra la fine del 1664 e l’inizio del 1666, concentrando la sua furia nel 1665 e provocando non meno di 100 mila morti nella sola capitale (400 mila abitanti), senza contare i borghi periferici.

Nell’allegato, l’incipit del Diario e una breve descrizione delle modalità del contagio.

5. Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi

La tortura durante la peste di Milano, stampa anonima dell’epoca.

Passano tre secoli ed ecco che un’altra epidemia di peste colpisce l’Italia, in particolare il Ducato di Milano. L’epidemia è nota anche come peste manzoniana perché viene ampiamente descritta da Alessandro Manzoni (1785-1873) nel suo romanzo I Promessi Sposi (1847).

Siamo sul finire del romanzo, quando ormai Lucia è stata liberata dall’lnnominato. Renzo, avendo saputo che Lucia è ospite di Don Ferrante a Milano, entrato in città va in cerca della sua abitazione. Attraversando le strade e le piazze vede e vive le conseguenze della terribile epidemia: per ogni dove squallore, sofferenza e morte.

6. Dino Buzzati, Una cosa che comincia per elle

Dino Buzzati.

In questo racconto di Dino Buzzati, Una cosa che comincia per elle, del 1939, protagonista non è la peste, bensì la lebbra, un’altra terribile malattia infettiva e cronica, per la quale solo in epoca moderna sono state trovate delle cure.
La lebbra, come la peste, e in tempi più vicini a noi l’AIDS: sono tutte malattie pericolose, una volta addirittura mortali. Il tema del racconto è proprio la paura della malattia, e della morte, tratteggiata da Buzzati con un’attenta progressione drammatica.

Il mercante Cristoforo Schroeder, arrivato nel paese di Sisto, ha incominciato a non sentirsi bene, e ha chiamato il medico, sperando di trovare in lui un aiuto. Il medico, dopo aver fatto l’esame delle orine di Schroder, torna alla locanda in cui alloggia il mercante il giorno dopo, accompagnato da un conoscente, don Valerio Melito. Quest’ultimo afferma con insistenza di avere già incontrato lo Scroder qualche tempo prima.

7. Albert Camus, La peste

Albert Camus.

La peste è il grande simbolo che lo scrittore francese Albert Camus (1913-1960) ha elaborato alla fine della Seconda guerra mondiale nel romanzo omonimo (1947). Giornalista francese di origine algerina, Camus aveva già descritto a più riprese le miserie della realtà d’Algeria. Trasferitosi in Francia nel 1940, ha partecipato alla resistenza antinazista.

La peste vuole illustrare l’atrocità della violenza del totalitarismo. Lo scrittore immagina che Orano, una località della costa algerina, sia invasa dalla peste. Le vittime aumentano di giorno in giorno e la città viene isolata dal resto del mondo. Oltre alla parabola dell’epidemia, vengono descritti il comportamento degli abitanti e la lotta organizzata da alcuni di essi contro il flagello.

8. Gabriel García Márquez, Cent’anni di solitudine

Gabriel García Márquez.

Un’altra peste immaginaria è raccontata nel romanzo “Cent’anni di solitudine”, scritto nel 1967 dallo scrittore colombiano Gabriel García Márquez. Militante democratico contro le dittature latino-americane (in particolare contro quella cilena del generale Pinochet), García Márquez racconta, in “Cent’anni di solitudine”, la storia di un paese immaginario, Macondo, attraverso la vicenda secolare di una famiglia, i Buendía, creatori e distruttori della loro città. Qui di seguito c’è la narrazione relativa alla “peste dell’insonnia”, che uccide la memoria e genera il caos in qualsiasi forma di comunicazione umana.

Attività

  1. Testi n. 1-5
    Leggendo i primi cinque testi, si nota come essi abbiano come tema centrale la peste. Quella del 430 a.C. nello storico greco Tucidide e nel poeta latino Lucrezio, la peste nera del 1348 in Boccaccio, la peste del 1620 in Manzoni e quella del 1665 in Defoe.
    Analizza, confrontandoli tra di loro, come vengono descritti i sintomi, il decorso della malattia, ma anche i comportamenti degli uomini, le superstizioni, i provvedimenti delle autorità.
  2. Testo n. 6
    Nel racconto di Buzzati la vicenda diremmo kafkiana di Schroder può essere letta, o riletta, in una chiave attualizzante. Tra le righe infatti si possono cogliere riferimenti e anticipazioni di temi e argomenti oggetto di discussione, e di divisioni, anche nel contesto dell’attuale emergenza sanitaria legata al Covid-19.
    • Il diritto alla privacy, secondo alcuni minacciato dal progetto della app Immuni (così chiamata in fase progettuale) sulla tracciabilità dei soggetti a rischio.
    • Su un piano non più giuridico, ma sociale e per così dire antropologico, la caccia ai presunti untori, inizialmente individuati nelle persone di origine cinese. Ora che il virus è diventato una vera e propria pandemia, non più legata a un singolo paese, gli “untori” vengono identificati in varie categorie. Sono diventati untori i runner, ma anche gli infermieri e gli operatori sanitari a più stretto contatto con i malati. La cronaca di questi ultimi tempi riporta la notizia di un runner aggredito e percosso da due automobilisti, colpevole ai loro occhi di spargere il virus con la sua corsa. E quella di un’infermiera che, di ritorno dell’ennesimo turno sfiancante in ospedale, ha trovato un biglietto sulla porta di casa, rigorosamente anonimo, che dichiarava in tono minaccioso che nello stabile vivono vecchi e bambini. Un avvertimento ai limiti dello stile mafioso.
    Rintraccia nel testo i passaggi che si prestano a una chiave di lettura di questo tipo, analizzali e commentali.
  3. Testo n. 6
    L’arresto di Schroder nel racconto di Buzzati ricorda quello di Renzo Tramaglino nei Promessi Sposi. Rintraccia l’episodio manzoniano e traccia un paragone fra i due personaggi e le loro vicende.
  4. Testo n. 7
    Qui la peste è l’allegoria dei regimi totalitari del XX secolo, e in particolare del Nazismo. La peste, secondo Camus, colpisce non solo il corpo, ma anche le menti delle persone e le cambia radicalmente.
    Rintraccia nel testo, e commenta, i passi in cui la peste non rappresenta solo un male biologico, ma una decadenza d’animo e metafora del Male.
  5. Testo n. 8
    In Cent’anni di solitudine la peste ha la forma di un’insonnia che cancella la memoria e genera il caos. Da qui si scatena la pazzia: la peste uccide, scardina la società, travolge le leggi scritte e non scritte su cui si basano le relazioni tra gli uomini.
    Spiega perché a tuo giudizio Gabriel García Márquez ha individuato nella perdita della memoria la “nuova peste” della società attuale.
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Maria Teresa Zambianchi
Autore: Maria Teresa Zambianchi
Laureata in Lettere Classiche a Pavia, Cultrice di Storia Greca, insegnante di ruolo nelle scuole medie superiori a Voghera, ha pubblicato articoli e interventi e il volume «È questo il fiume che segna il confine». Corsi d'acqua e miti di fondazione nella «Periegesi» di Pausania (Arcipelago Edizioni, 2008). Per Principato ha curato l'antologia Tito Livio, Ab Urbe condita. Passi scelti.

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2 commenti

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    Antonella Dagradi

    Interessante lettura intertestuale che coinvolge in quella rete di rimandi che lega le opere letterarie e ci spinge a porci interrogativi o semplicemente a tentare di capire perché alcuni temi ritornano, sia pur con connotazioni diverse, in epoche diverse. Chiara l’impostazione e precise le citazioni.

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    basilio bacile

    I materiali, ben strutturati e organizzati con competenza, mi sono stati utili per un discussione afferente ad un’UDA di educazione civica in una III di liceo delle scienze umane. Grazie.

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