“Easy Rider”: il film di Dennis Hopper con Peter Fonda e Jack Nicholson compie 50 anni

  • Postato da: Redazione Principato

Il film di Dennis Hopper “Easy Rider” uscì nelle sale statunitensi 50 anni fa, il 14 luglio 1969. Jeanne Perego in questo articolo per “Il Tirreno” ne descrive l’importanza nella scena cinematografica e musicale del tempo.

Quell’estate del 1969 fu ricca di eventi che diventarono storia: dal primo allunaggio al concerto di Woodstock. E, mentre dai jukebox italiani uscivano le note di Acqua azzurra, acqua chiara di Lucio Battisti e del Casatschok di Dori Ghezzi, sui grandi schermi di tutto il mondo arrivò un film destinato a diventare un’icona culturale: Easy Rider, diretto e interpretato da Dennis Hopper (nel ruolo di Billy), con Peter Fonda nei panni di Wyatt “Capitan America” e Jack Nicholson in quelli di George Hanson. La pellicola che, insieme a Bonnie & Clyde e Il laureato, contribuì a restituire vitalità all’industria cinematografica di Hollywood, che dopo gli anni d’oro era piombata in una crisi profonda, con le sale semideserte.

Come dice Peter Biskind, autore del libro Easy Riders, Raging Bulls, il film diede il via alla New Hollywood, una new wave che diede voce a giovani registi-autori che avevano idee nuove, spesso con radici oltreoceano, come Martin Scorsese, Woody Allen, Brian De Palma, Robert Altman, Steven Spielberg, George Lucas, Michael Cimino, Francis Ford Coppola, Roman Polanski e Miloš Forman, e spazio ad argomenti che fino ad allora era stati tabù, come l’inquietudine giovanile, la solitudine, la sessualità e la condizione della donna, e la riflessione critica sulla guerra e sulle minoranze etniche.

L’avventura on the road di Wyatt e Billy (Dennis Hopper e Peter Fonda) prende avvio sulle indimenticabili note di The Pusher degli Steppenwolf: i due, dopo avere trasportato un carico di cocaina dal Messico agli Stati Uniti, investono parte di quanto hanno guadagnato in due motociclette nuove, con l’idea di attraversare il Paese per andare a vedere il famoso carnevale di New Orleans.

Il loro è un viaggio-fuga da un’America piatta, medio-borghese, in cui non si riconoscono più, è una voglia di evasione che diventa il modo di richiamare l’attenzione sulla corruzione, il razzismo, l’intolleranza, il bigottismo, i problemi di droga e delle famiglie devastate dall’esperienza della guerra, degli Stati Uniti di quegli anni.

Il viaggio, in quello che è considerato il road movie per eccellenza, nonché uno dei cento migliori film americani di tutti i tempi, è metafora della vita umana, tra incontri, imprevisti, scoperte, dolori e sogni.

A 50 anni di distanza Easy Rider si conferma una pietra miliare della cultura hippy e una pellicola imperdibile anche per la bellezza della fotografia: i paesaggi che passano davanti agli occhi degli spettatori si trasformano in immagini indimenticabili.

Ma è merito anche della colonna sonora se Easy Rider è diventato un film di culto: Jimi Hendrix rappresentato da If 6 Was 9, The Weight degli Smith, It’s Alright, Ma (I’m Only Bleeding), brano di Bob Dylan interpretato da Roger McGuinn, il cantante dei The Byrds, ma soprattutto quella Born to be Wild, “nati per essere selvaggi”, che è diventata il pezzo più famoso degli Steppenwolf.

Easy Rider oggi è anche l’occasione per ripensare ai successi di Jack Nicholson. Per l’attore tutto è iniziato proprio dalla presenza nel cast del road movie di Hopper: prima di interpretare il personaggio dell’avvocato alcolizzato George Hanson aveva girato diversi film ma nessuno l’aveva messo in evidenza. Se poi ha avuto il ruolo che ha avuto in Shining o in Cinque pezzi facili lo si deve proprio a Easy Rider. Sia Stanley Kubrick che Michelangelo Antonioni (che poi lo volle per Professione Reporter) hanno detto di aver scoperto le sue capacità vedendolo interpretare il legale con il debole per la bottiglia. Non ci fosse stato Easy Rider, probabilmente Nicholson avrebbe rinunciato alla carriera di attore per fare il regista.

[L’articolo di Jeanne Perego è stato pubblicato su “Il Tirreno” del 25 luglio 2019]

[Aggiornamento: l’attore Peter Fonda è mancato il 16 agosto 2019, all’età di 79 anni.]

jeanne perego

L’AUTRICE

Jeanne Perego è giornalista e scrittrice. Si occupa di libri, letteratura per ragazzi, arte, turismo, e collabora con quotidiani e periodici, tra cui Il Tirreno, Alto Adige, Trentino, L’Eco di Bergamo, La Provincia di Como/Weekend, Topolino, Madre, Carnet, Dove e Giardinaggio. Ha avuto una lunga collaborazione con Radio Popolare su tematiche di viaggio e culturali. Collabora con la Rete Uno della Radiotelevisione Svizzera. Vive alternandosi tra la Baviera e la Toscana.

PER APPROFONDIRE

• Il volume di Peter Biskind Easy Riders, Raging Bulls: How the Sex-Drugs-and-Rock-‘n’-Roll Generation Saved Hollywood (Simon & Schuster, New York, 1998) è stato tradotto in italiano con il titolo Easy riders, raging bulls. Come la generazione sesso-droga-rock’n’roll ha salvato Hollywood (Editoria&Spettacolo, Roma, 2007).
• Il soggetto del film è stato ispirato dal film di Dino Risi Il Sorpasso (1962), presentato negli USA (dove divenne un fenomeno di culto) con il titolo The Easy Life. Peter Fonda ha avuto l’idea dopo aver visto una foto che lo ritraeva con Bruce Dern sulle loro motociclette nel film I selvaggi (The Wild Angels, 1966).
• “Easy Rider è fondamentalmente un film western: Wyatt e Billy (nomi che richiamano Wyatt Earph e Billy The Kid) incarnano il bene e il male contemporaneamente e stanno in sella a due cavalli d’acciaio, nella nuova frontiera in cui gli indiani sono rinchiusi de tempo nelle riserve, ma che abbonda ugualmente di nemici pericolosi, armati di ignoranza, fucili da caccia e diffidenza. E proprio loro, i pro-nipoti degli uomini che conquistarono la Frontiera, sono i carnefici di Hopper e Fonda, due antieroi delle controrivoluzione persi in un mondo che non sa che farsene di loro.” (Motoblog.it)
Easy Rider è stato uno dei primi film a fare ampio uso di brani musicali già pubblicati, piuttosto che una colonna sonora scritta appositamente.
• La pagina dedicata al film nel Sony Pictures Museum online (in inglese).
Un’icona di stile improbabile: Dennis Hopper (in inglese).

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Autore: Redazione Principato
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